Come il linguaggio orienta la percezione
della realtà forestale
Un’analisi critica del linguaggio forestale più usato nei media e nelle politiche pubbliche.

Il linguaggio non è neutro: l’impatto sulla percezione del bosco
Il modo in cui parliamo di boschi influenza la percezione collettiva e spesso giustifica pratiche discutibili.
Nel discorso pubblico, politico e tecnico che riguarda i boschi, le parole non sono mai strumenti innocenti. Ogni termine scelto — “pulizia”, “abbandono”, “valorizzazione”, “degrado” — racchiude visioni implicite del rapporto tra esseri umani e natura. Le parole non descrivono semplicemente la realtà forestale: la interpretano, la deformano, la orientano.
Questa dinamica è tanto più rilevante in un contesto, come quello italiano, in cui le politiche forestali sono spesso al crocevia tra economia, ecologia, sicurezza e gestione del territorio. Eppure, raramente ci interroghiamo sul potere del linguaggio di plasmare la percezione collettiva del bosco.
Lessico forestale: parole che costruiscono (o distorcono) la realtà
Nel dibattito forestale italiano si scontrano (almeno!) due visioni divergenti: da un lato chi promuove una gestione attiva e produttiva del bosco; dall’altro chi difende il principio della libera evoluzione naturale. Poiché chi ha il controllo delle parole ha il controllo del significato, e quindi del consenso, spesso si utilizzano concetti banali, frasi di buon senso più che confrontarsi sul merito tecnico o ecologico, e tra le due fazioni si combatte una battaglia semantica. .
“Pulizia del bosco”: una semplificazione pericolosa
Un caso emblematico è l’uso del termine “pulizia del bosco“. In ambito tecnico, può significare rimozione selettiva di biomassa per motivi gestionali o di sicurezza. Ma nel discorso pubblico, il termine richiama l’idea di ordine, sicurezza e protezione, spesso associata alla prevenzione di incendi.
Uno studio pubblicato su Environmental Research Letters dimostra però che non tutti gli interventi di “fuel reduction” riducono il rischio incendi: alcuni lo aumentano, alterando il microclima e rendendo il bosco più secco e infiammabile nel medio-lungo termine.
Inoltre, “interventi mal calibrati possono ridurre la resilienza ecologica del bosco, frammentare l’habitat e favorire l’espansione di specie invasive.”.
Un’azione vigliacca: il “bosco abbandonato”

Il termine “bosco abbandonato” lo si sente spesso, perfino il TUFF ( Decreto Legislativo 3 aprile 2018, n. 34) lo cita, ed è emblematico di come il linguaggio possa distorcere la realtà. Non è un termine neutro che rappresenta oggettivamente un dato di fatto, ma un modo per veicolare l’idea che sia sbagliato lasciare i boschi al loro stato naturale.
Alcuni ritengono che l’uomo abbia il “dovere” di scegliere se gestire o meno un bosco, e questa deve essere una scelta sistematica e consapevole. Il fatto però che dinamiche socio-economiche portino come conseguenza alla mancanza di una scelta, con le caratteristiche sopra descritte, allora il bosco deve considerarsi “abbandonato” (ma non morente).
Il termine “abbandono” richiama spesso l’idea di un atto vigliacco, un rifiuto di assumersi le proprie responsabilità: non si abbandona un figlio, né tantomeno un campo di battaglia. Il capitano, per onore, affonda con la propria nave pur di non abbandonarla. Allo stesso modo, si tende a sostenere che il bosco debba necessariamente dipendere da interventi decisi dall’uomo. Ma la realtà è ben diversa: il bosco non ha bisogno delle “scelte dell’uomo”. È l’uomo, piuttosto, ad avere bisogno del bosco.
Il potere delle parole nella percezione collettiva
Studi in ambito linguistico e sociale mostrano come il linguaggio strutturi la nostra visione del mondo attraverso i cosiddetti frame cognitivi. In altre parole, le parole che usiamo definiscono i confini di ciò che percepiamo come giusto, naturale o desiderabile.
Uno studio su Ecology and Society sottolinea come la percezione pubblica della gestione forestale sia fortemente influenzata dalle parole usate per descriverla: termini come “cura”, “attività”, “valorizzazione” generano approvazione, anche in assenza di reali benefici ecologici.
Dire che un bosco va “valorizzato” può significare renderlo più produttivo per l’economia, ma anche più accessibile, fruibile, o semplicemente più conosciuto. Il termine resta ambiguo, ed è in questa ambiguità che si insinuano visioni antropocentriche, economiciste o semplificatorie.
Questa retorica, spesso amplificata dai media, può giustificare azioni invasive (es. disboscamenti, tagli selettivi, infrastrutture forestali), che vengono presentate come “miglioramenti” ambientali anche quando sono motivate da interessi economici o turistici
Conseguenze concrete: dalle parole alle politiche
L’uso impreciso o manipolatorio del linguaggio forestale ha implicazioni dirette:
- Sulla politica: leggi e piani forestali spesso si basano su narrazioni semplificate;
- Sulla percezione pubblica: il cittadino medio, privo di strumenti critici, può sostenere pratiche dannose convinto siano necessarie;
- Sulla pianificazione territoriale: alcune aree vengono escluse da fondi o tutela perché non “rientrano” nelle definizioni ufficiali.
Verso un vocabolario forestale più critico: il bosco “va raccontato” correttamente

Per cambiare il modo in cui trattiamo i boschi, dobbiamo cambiare il modo in cui ne parliamo.
Parlare di boschi non significa solo descrivere alberi o superfici o lasciarsi andare a narrative romantiche. Significa prendere posizione su come l’uomo dovrebbe relazionarsi alla natura. Oggi senza guardare sempre al passato.
In un’epoca segnata da crisi climatiche, perdita di biodiversità e degrado ambientale, il linguaggio diventa un campo di battaglia politico ed ecologico.
Usare parole più precise, meno ideologiche e più fondate sull’ecologia significa proteggere meglio le foreste, informare correttamente i cittadini e costruire un rapporto più maturo con il territorio.
Questo articolo vuole essere un primo passo verso una narrazione più rigorosa e rispettosa della complessità dei sistemi forestali. Perché il bosco, prima di essere gestito, spiegato o sfruttato, deve essere capito e rispettato. Un linguaggio che non semplifichi la natura, ma le riconosca la complessità che merita.
2 risposte
Condivido appieno il vs articolo che aumenta ulteriormente in me la consapevolezza di lasciare impercettibili impronte quando cammino attraverso i ns fantastici boschi.Confido nella vs professionalità e capacità divulgativa affinché queste problematiche vengano comprese dall’opinione pubblica e recepite dai legislatori. Grazie e buon lavoro.
Grazie, non vi conoscevo, io amo molto frequentare i boschi. Questo articolo interessantissimo mi porta ad elaborare riflessioni sul bosco.
Vi seguirò con attenzione.