Quattro testimonianze accennate ed un breve approfondimento

Un Patto tra Uomo e Natura
Sapete dove si trova attualmente una delle più estese aree naturali ad alta biodiversità in Europa?
Proprio dove nessuno se lo immagina: nella cosiddetta “zona di alienazione” che circonda l’ex centrale nucleare di Černobyl’ e varie zone limitrofe.
La ragione di questa ripresa della natura in quei luoghi disastrati è legata all’assenza – dopo quasi 4 decenni – della specie umana e di ogni sua attività (urbanizzazione, agricoltura, industria); si è creata così spontaneamente un’oasi ecologica, un “parco naturale involontario”.
Può essere considerata questa – cioè la separazione tra i due ‘contendenti’ (Uomo e Natura) – una soluzione da seguire per sanare i guasti provocati dalla società umana? Certamente no! Anche per il fatto che gli esseri umani continuerebbero comunque a farsi del male tra di loro. Mettiamo allora in evidenza quattro diverse testimonianze, per cercare una possibile risposta positiva alla domanda oggetto di argomentazione.
I testimonianza: La Fayyum e l’opera di Giuseppe: creare oasi nel deserto
Nel deserto occidentale egiziano sono presenti parecchie depressioni – poste anche sotto il livello del mare – prosciugatesi durante milioni di anni nel clima arido sahariano. Una di queste si trova a poche decine di kilometri dal corso del fiume Nilo; era occupata in parte da un lago salato, in progressiva diminuzione per evaporazione.
Durante la XII dinastia egizia – quasi quattro millenni orsono – il visir del faraone regnante [Amenemhat II] fece costruire un canale per deviare parte dell’acqua del Nilo verso la depressione, creando così una splendida e fertile oasi – chiamata Fayyum (“il mare”) – intorno al lago diventato a sua volta pescoso.
Il visir era di origine straniera: arrivò in Egitto come schiavo di una carovana di beduini, che lo vendettero a un funzionario di corte; alcuni anni dopo riuscì a dare una spiegazione a un sogno ricorrente del Faraone, il quale per questo motivo lo liberò e gli diede fiducia nominandolo alla più alta carica del suo regno, affinché realizzasse quanto gli aveva suggerito.
Nel frattempo – a causa di una carestia, e dopo varie peripezie – riuscì a ricongiungere la sua famiglia di origine presso la sua nuova patria. Il suo nome era Giuseppe, figlio di Giacobbe e di Rachele.
Ancora oggi esiste il canale – chiamato Baḥr Yūsuf – che aveva fatto costruire per alleviare fame e sofferenze ai popoli del regno egiziano, e l’oasi (scrigno di natura nel deserto) prospera tuttora.
II testimonianza: Francesco d’Assisi: la selva oscura e la pace con la natura
La discesa nella selva oscura
Otto secoli fa presso queste terre il poco più che ventenne assisiate Francesco di Pietro di Bernardone si introdusse o piuttosto sprofondò in una “selva oscura” (ricordate vero? Pochi decenni dopo anche Dante Alighieri proverà un’esperienza simile, anche se di ispirazione letteraria anziché mistica).
Effettivamente – al di là dei significati allegorici ed esistenziali sottesi – Francesco si trovò in una intricata e selvaggia foresta, presso Spoleto. Sentì una paura che lo assaliva, e manifestò febbre e malesseri; si fermò per riposare, lasciando proseguire la sua compagnia.
La crisi di identità e la selva come passaggio
Era vestito da soldato, anzi da cavaliere visto che poteva permettersi un cavallo e delle armature poiché la sua famiglia era benestante; seguiva la ‘moda’ di allora per darsi una reputazione: si stava dirigendo in Puglia per aggregarsi alla IV Crociata.
Nei mesi precedenti dovette riprendersi dai postumi di un anno di prigionia nelle galere di Perugia – in seguito alla battaglia di Collestrada, dove fu fatto prigioniero – che lo avevano segnato nel fisico e nella mente. Durante la convalescenza esplorò la selva intorno alla sua città: era immensa!
≪La selva europea medievale era un vasto e impenetrabile paesaggio dominante in Europa, fonte di risorse vitali come legname e cibo (frutti, bacche, erbe medicinali, funghi, pesci e cacciagione, miele …) per sostenere l’economia dei villaggi, e regno di simboli di pericolo ma anche luogo di rifugio per gli eremiti, i reietti e i fuorilegge; era percepita come uno spazio ‘altro’ rispetto alla civiltà, popolata da animali selvatici ma anche da esseri ultraterreni, e come una prova di passaggio per i cavalieri e un palcoscenico di pericoli nella letteratura. … La densità degli alberi rendeva la foresta un luogo inaccessibile, segreto e misterioso, associato al diabolico e nondimeno al sovrannaturale.≫ … {brani suggeriti da Artificial Intelligence Overview}
La scelta di Francesco
Francesco doveva decidere da che parte stare; e allora scelse. Tornò ad Assisi, si spogliò degli abiti civili (e lussuosi) che restituì al padre biologico mentre si rivolse al Padre celeste in cui ripose fiducia e speranza, e così si immerse nuovamente nella natura selvatica, stavolta senza timore.
Semplicemente guardò con occhi diversi le creature che vi abitavano: manifestazioni del Divino e non più frutti del Maligno; così Francesco riuscì a confortare i lebbrosi, a parlare con gli uccelli, ad ammansire un lupo (che forse era un brigante umano), a formare una comunità di seguaci lontana dal ‘secolo’ e da sguardi indiscreti …

III testimonianza: ripristinare la Terra: iniziative di riforestazione e sostenibilità
Durante gli ultimi cinque decenni si sono sviluppati movimenti ed iniziative a favore del ripristino di terre impoverite dallo sfruttamento eccessivo e soggette alla desertificazione. Molte persone si sono dedicate a riforestare aree particolarmente colpite, soprattutto nell’Africa centro-settentrionale e nel Medio ed Estremo Oriente.
Queste iniziative permettono alle popolazioni locali di vivere dignitosamente utilizzando metodi agroforestali sostenibili – comprensivi di allevamento animale – evitando migrazioni forzate per ragioni climatiche, anche se l’economia di ‘sostentamento’ (o di prossimità …) non può garantire su altre situazioni conflittuali che si sovrappongono sempre più frequentemente alle fragili condizioni sociali provocate da secoli di depredazione coloniale; comunque non si può parlare di pace senza aver soddisfatto i bisogni fondamentali di ogni persona in un contesto sociale ed ambientale vigoroso e salubre!
Alcuni nomi: Ibrahim Abouleish, fondatore dell’organizzazione SEKEM in Egitto; Wangari Maathai, fondatrice del Green Belt Movement in Kenya; Yacouba Sawadogo e Mathieu Ouédraogo in Burkina Faso; Abdul Kareem e Jadav ‘Molai’ Payeng in India; etc. …
IV testimonianza: salvaguardare i boschi: il futuro della Terra è nelle nostre mani
Un movimento spontaneo per proteggere i boschi
Negli ultimi anni gruppi di persone volenterose – esperte o semplicemente appassionate volontarie – si stanno organizzando per proteggere boschi da tagli sempre più frequenti e aggressivi.
Mantenere l’integrità dei boschi esistenti è molto più facile ed efficace che ripiantare gli alberi dove si è creato il deserto, o dove lo sfruttamento eccessivo – anche indiretto tramite metodi agroindustriali insostenibili – sta alterando la fertilità dei terreni e persino la piovosità di interi distretti, come sta succedendo per esempio intorno a molti laghi in crisi idrica – dal piccolo Trasimeno al grande Aral – o su svariati bacini idrografici, in primis il più grande e ricco di tutti: il Bacino Amazzonico.
Il Fondo Forestale Italiano: protezione fuori dal mercato
Al proposito di salvaguardare quanti più boschi possibili da sfruttamento commerciale, in Italia si è costituita recentemente una fondazione di partecipazione – il Fondo Forestale Italiano – che acquisisce terreni boschivi (in donazione o tramite raccolte fondi) allo scopo di permettere la loro ricostituzione naturale, portandoli fuori dalle logiche mercantili – compresi i “crediti di carbonio” – e lasciandoli alla loro libera evoluzione; è un processo lungo e paziente, che si ispira alle testimonianze qui riportate di cercare di far pace con la Natura, riconoscendo a tutti gli esseri viventi e ai loro ambienti la dignità di “soggetti di diritti” – innanzitutto alla loro esistenza – al pari di quelli riconosciuti a tutti gli esseri umani.
Giustizia, non forza: un nuovo patto con la Natura
Laddove dovessero insorgere conflitti o contenziosi tra le parti – similmente a quelli tra gli esseri umani e/o tra le loro istituzioni – bisognerebbe ricorrere alle fonti giurisprudenziali piuttosto che al prevalere della “legge del più forte”, tipica del comportamento bellicista.
Ricordiamo che l’essenza delle leggi di Natura è la ricerca di un ‘equilibrio’ tra le parti: dove l’uomo vede violenza e sopraffazione, la Natura intende ‘evoluzione’ e cambiamento; dove l’uomo vede “servizi ecosistemici” (a proprio vantaggio esclusivo), la Natura fornisce possibilità di sopravvivenza a tutte le specie. Solo una tra tutte vorrebbe dominare sulle altre, ma questo non è (possibile) e non le sarà permesso.
Verso un “Patto di Salvezza” con la Natura
La radice etimologica della parola ‘pace’ è la medesima di ‘patto’ (da pàcere → accordarsi, stabilire un accordo). La ‘salubrità’ attiene alla ‘salute’ (da salus → salvezza, integrità). Pertanto la domanda iniziale chiede la possibilità di “stabilire un accordo di salvezza” tra Uomo e Natura.
Poiché l’uomo fa parte della natura, sarebbe lui a rimetterci in mancanza di ciò. Questo accordo in realtà esiste già, e può essere visto sotto lenti diverse, anche se la ‘sostanza’ non cambia; semplificando nella ambivalenza umana: per chi è credente basta ‘riconnettersi’ – ovvero entrare in armonia – con le leggi divine, per chi non lo è basta riconoscere e rispettare le leggi naturali.
Conclusioni: un futuro di armonia tra Uomo e Natura
Tornando alle esperienze di Francesco d’Assisi su queste terre, abbiamo già detto come si presentavano i luoghi da lui frequentati. La grande ininterrotta foresta europea – che si poteva attraversare senza uscire allo scoperto, dal bacino mediterraneo ai mari settentrionali – oggi non esiste più; come ci ha raccontato Italo Calvino nel Barone Rampante, superò di poco la Rivoluzione francese e terminò con l’avvento delle macchine industriali divoratrici di energia, cioè di legna e carbone come si richiedeva in quell’epoca.
È proprio all’interno della grande foresta della valle umbra e tiberina che Francesco riuscì a manifestare la sua spiritualità verso il Creato in tutte le sue espressioni: la metamorfosi dei miseri pezzenti umani malati e reietti dalla città si trasfigurò nella ricercata Madonna Povertà, il suo canto sublime verso tutte le creature illuminò la “selva oscura” togliendo la paura atavica dell’ignoto, del diverso, del maligno che non abita più lì – come nel giardino di Eden – ma risiede ormai stabilmente nelle volontà di scelta (individuali e collettive) della coscienza umana.
Ha dissolto persino la paura della morte corporale, chiamandola sorella perché anch’essa (per chi crede) è destinata ad essere sconfitta; e proprio lì – nell’humus della foresta che lo ha accolto e protetto durante il suo breve ‘passaggio’ di vita autenticamente vissuta – invocò sepoltura.
Due anni prima – nella selva presso La Verna – Francesco trovò significanza al proprio operare verso i fratelli e le sorelle (umane e non solo), ricevendo manifestazioni tangibili della sua fiducia verso il Creatore che gli aveva elargito benedizioni e tanti seguaci.
A breve ricambierà, cantando le lodi universali che tutti conosciamo, quasi volendo magnificare quelle degli ultimi Salmi biblici, che aveva sicuramente letto e che non gli bastavano più per descrivere nei dettagli la bellezza di ciò che aveva percepito amorevolmente durante il suo terrestre peregrinare.
“Intervento presentato durante la Tavola Rotonda “Pace, Ambiente, Cooperazione internazionale”
(in occasione della Giornata internazionale per la Pace, indetta dalle Nazioni Unite)
domenica 21 settembre 2025 – Assisi, Sala della Conciliazione
nell’ambito del XVIII Festival internazionale per la Pace
promosso dall’associazione culturale United Artists for Peace (UAfP)
con il patrocinio della città di Assisi (PG) – 17 ÷ 21 settembre 2025″