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L’agricoltore custode dei valori rurali tradizionali e la sua difficile sfida con l’agricoltura moderna

Il 29 marzo 2024 è entrata in vigore la LEGGE 28 febbraio 2024 n. 24, recante Disposizioni per il riconoscimento della figura dell’agricoltore custode dell’ambiente e del territorio e per l’istituzione della Giornata nazionale dell’agricoltura”.

È una legge che mira a riconoscere nell’agricoltore la figura di “custode” dell’ambiente e del territorio, quindi del paesaggio. La sua lettura deve tuttavia essere molto attenta, affinché non si creino equivoci.

Da tempo infatti si propone l’agricoltore (così come l’allevatore o il boscaiolo) come presidio del vero ambientalismo nazionale, che usa le mani per condurre il trattore, contrapposto a quello dei salotti, che invece usa solo le facoltà speculative intellettuali. Si presenta come esempio di patriottica dedizione ad un lavoro duro, ma necessario. Anche il cacciatore si fa largo in questa nobile contesa, proponendosi come regolatore al proliferare di animali nocivi, come cinghiali, orsi e lupi, che rischiano di distruggere le messi e le greggi, oppure di spaventare i turisti che si recano in campagna per ammirare il paesaggio costruito e mantenuto dalle opere e dalle attività agrosilvopastorali.

L’agricoltore non è il bracciante agricolo

Sembra infatti finito il tempo in cui le mani sporche della classe operaia si proponevano come forza che, azionando le macchine delle fabbriche, creava la ricchezza del Paese.

Inevitabilmente, in tempi di recessione produttiva industriale come questi, l’attenzione ritorna alla figura dell’agricoltore classico. Non il bracciante agricolo, sia chiaro, troppo analogo socialmente all’operaio, ma al coltivatore diretto e all’imprenditore agricolo, sebbene non sia assolutamente scontato che quest’ultimo si tolga la giacca ed i mocassini, e conduca direttamente la propria azienda con la stessa cura dei nobili e degli intellettuali romani, che scrivevano della cultura agraria non dai salotti cittadini, ma direttamente dalle loro ville rurali, dove collaboravano con l’amore del pater familias insieme alle comunità di schiavi che iniziavano a costruire il paesaggio agrario della Patria.

È opportuno innanzi tutto precisare che, in virtù di tale legge, è assolutamente erroneo affermare che ogni agricoltore sia necessariamente anche custode dell’ambiente e del territorio.

Al contrario, la legge dipinge un preciso paradigma di agricoltore ideale, al quale sembra difficile e molto impegnativo aderire. Infatti, seguendo l’articolato della legge, è da ritenere giusto solo il ragionamento per cui è effettivamente un custode dell’ambiente e del territorio solo quell’agricoltore che, nella ratio legis, soddisfi certi stretti criteri di particolare attenzione.

Il profilo dell’agricoltore “custode”

Vediamo quindi quale agricoltore, fra le tante e varie categorie esistenti, può effettivamente vantare l’adesione a tale profilo paradigmatico, e appendersi al petto la medaglia di “custode”, di colui cioè che mantiene l’invarianza nel tempo di certi valori positivi, in grado di soddisfare la delicata intersezione con quelli della tutela dell’ambiente dell’ecosistema e della biodiversità, nonché della tutela degli animali, così come sancito dall’art. 9 della Costituzione, cui richiama direttamente l’art. 1 della medesima legge.

L’argomentazione che svilupperemo, basandoci sulla la logica di Boole, comprensibile a tutti poiché l’apprendiamo già da bambini alle elementari, sarà quella di individuare un generico insieme “A”, come “agricoltore”, nel senso semantico più generale della parola, cioè di colui che, in qualsiasi modo e a qualsiasi titolo, ha un rapporto di tipo agrario col territorio.

Esso può ben essere il pensionato che cura il proprio orticello, oppure il piccolo coltivatore diretto che coltiva il fondo di famiglia, magari come passatempo o piccola attività economica integrativa ad un’altra occupazione, oppure può essere colui che produce e vende generi alimentari o servizi vari. Chiameremo “a” il generico agricoltore che appartiene ad “A” (a ∈ A). Dentro ad “A” cercheremo di individuare un preciso sottoinsieme che chiameremo “C”, come “custode”. Il singolo agricoltore custode sarà “c”.

Seguendo la logica, poiché “C” sarà sottoinsieme di “A”, possiamo dire che se “c” appartiene ad “A”, non necessariamente “a” appartiene a “C”.

Siamo ad esempio tutti d’accordo che non potremmo definire “agricoltore custode” anche colui che, in disprezzo alla legge, abusa dei fitofarmaci, usa concimi di sintesi senza criterio, alleva animali fuori dalle regole di benessere, contamina oltre il consentito le acque, l’aria e il suolo.

Possiamo pertanto escludere ragionevolmente questa categoria poco virtuosa di agricoltore, che non rispetta nemmeno la legge e il cui sottoinsieme (speriamo poco numeroso ma, ahinoi, non vuoto) chiameremo “M” come “malagricoltore”.

Come primo passo possiamo dire che non tutti gli agricoltori sono custodi.

Sicuramente essi andranno cercati, applicando ulteriori criteri, nell’insieme “L”, come agricoltore “legale” complementare di “M” (L=A\M), intendendo il singolo agricoltore “l” che almeno rispetta le leggi. Comunque, seguendo il ragionamento sopra esposto, possiamo affermare che il nostro custode “c” non coincide necessariamente con qualsiasi onesto agricoltore “l”.

Andiamo quindi avanti nell’analisi dei criteri, che sono ben descritti agli artt. 1 e 2 della legge che esaminiamo.

È bene evidenziare che dal 2015 non solo già esiste la figura dell’agricoltore “custode”, ma anche quella dell’allevatore custode. Lo dice chiaramente l’art. 2 della legge, che ribadisce i criteri di individuazione, peraltro abbastanza complessi, individuati dalla LEGGE 1 dicembre 2015 n. 194 recante “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare”, cui fa esplicito rimando.

Secondo tale normativa, è agricoltore o allevatore custode colui che si impegna a rispettare precise regole di conservazione di particolari varietà di piante ed animali, iscritti in particolari elenchi ufficiali, e oltretutto con particolari metodi certificati. Sia pertanto “P” l’insieme che raccoglie di tali agricoltori custodi “precedenti”. Il generico agricoltore o allevatore “p” non applica criteri intensivi e monocolturali (come gli allevamenti intensivi di animali da carne o da latte), altrimenti non potrà ragionevolmente essere annoverato tra i “custodi precedenti”, e di conseguenza non potrà vantarsi di questo riconoscimento.

Tuttavia l’art. 1 della nuova legge sembra ampliare la platea dell’insieme “P”. Leggendo i criteri degli articoli  1 e 2, è possibile individuare un ulteriore insieme “N” dei “nuovi” custodi, che non possono necessariamente che essere piccoli o medi agricoltori che continuano a vivere ed lavorare in piccoli centri rurali, evitandone lo spopolamento, e conducono un tipo di agricoltura marginale, evitando di abbandonare quei campi poco produttivi che tutti gli altri agricoltori, compresi i “p” abbandonerebbero per sconvenienza economica.

Operando in tali contesti minori e marginali, tuttavia, devono comunque garantire che i loro campi siano ben mantenuti con opere di scolo, come solchi, canalette, scoline, sistemazioni del terreno, da praticarsi prevalentemente con mezzi manuali, come zappe e picconi, con animali o al massimo con trattori di modesta potenza.

Il nuovo agricoltore custode “n” dovrà comunque essere in regola con le caratteristiche previste dal Codice civile (abbastanza ampie), e curare particolarmente, nella propria piccola azienda, i grandi alberi, la vigoria delle siepi e dei filari, e la presenza di prati polifiti con tanti fiori che alimentino le api.

Tali compiti sono particolarmente vincolanti per quegli agricoltori “n” che intendono costituirsi in cooperative.

Possiamo quindi intanto logicamente e ragionevolmente individuare l’insieme “C” dell’agricoltore “custode” come ci eravamo prefissati all’inizio dell’articolo. L’agricoltore custode “c” appartiene a “C”, che è l’unione dell’insieme dei precedenti custodi “P” e quello dei nuovi custodi “N”.

In altri termini: c ∈ C = P ∪ N.

L’elenco degli agricoltori custodi

Ovviamente non basta questo, ma c’è bisogno che l’agricoltore custode sia riconosciuto dalla società tramite l’iscrizione volontaria ad un elenco da istituirsi presso ogni regione, così come previsto dall’art. 5 della legge.

Ovviamente le regioni, nell’aprire le iscrizioni a tali elenchi, al fine di attuare correttamente la legge, dovranno opportunamente valutare e filtrare coloro che ne fanno richiesta, per evitare che qualche agricoltore estraneo all’insieme “C” possa essere iscritto agli elenchi, altrimenti verrebbe meno la fama e la credibilità del vero agricoltore custode, e la medaglia che si è affisso al petto non sarebbe più d’oro, ma di più vile metallo, perdendo la fiducia dei consorziati della nostra società.

La responsabilità delle regioni nel tutelare la fama e il buon nome di questa particolare agricoltura sarà quindi molto alta, e dovrà essere sempre vigilata non solo dallo Stato, ma anche dagli stessi agricoltori custodi che tengono alla loro fama, al loro onore e al loro buon nome.

Siccome questa figura rappresenta un paradigma particolarmente virtuoso che il Legislatore vuole selezionare dal vasto ed indefinito insieme di tutti gli agricoltori, è logico che ne promuova la figura e ne favorisca l’affermazione, in considerazione che tale modello, andando contro molte delle tendenze dell’agricoltura, sarebbe ragionevolmente sfavorito nel mercato.

“Giornata nazionale dell’Agricoltura”

Quindi, intanto l’art. 3 della legge permette alle regioni, se lo vogliono, di organizzare eventi di promozione, in cui l’agricoltore custode potrà adeguatamente e materialmente presentarsi alla società. Inoltre l’art. 4 permette alla pubblica amministrazione di valutare se è possibile accordare vie preferenziali all’agricoltore custode nella stipula di particolari contratti.

Necessariamente l’agricoltore custode dovrà praticare un modello di agricoltura corrispondente alla sua figura. In tale ambito la legge non dà precisi criteri, che ovviamente discendono da tutte le norme vigenti in materia. Si limita a dire che tale speciale agricoltura dovrà essere celebrata, pur senza costituire festività lavorativa, la seconda domenica di ogni mese di novembre, nella “Giornata nazionale dell’Agricoltura”, come stabilisce l’art. 6.

I successivi articoli 7, 8 e 9 spiegano i modi ed i soggetti che potranno, organizzando specifiche attività, promuovere la Giornata nazionale dell’Agricoltura. Tali soggetti sono, rispettivamente, gli enti locali (regioni, provincie, comuni), gli enti parco e gli altri enti responsabili della gestione delle aree protette.

Il premio “de agri cultura

L’art. 10 istituisce invece il premio de agri cultura, che richiama non solo l’aspetto “culturale” delle pratiche agricole, ma soprattutto la loro corrispondenza ad un modello classico e tradizionale, ipotizzando che il ricorso al costrutto latino voglia riportare la centralità della società e dei valori agricoli e rurali a quella cultura di cui la nostra nazione è figlia, che proprio sul modello agricolo si basava.

I termini specifici ancora riecheggiano in tanti altri ambiti della vita culturale e civile del Paese, compresa la politica e il linguaggio giuridico, anche osando affacciarsi agli aspetti più innovativi e tecnologici, poiché sarà difficile che gli agricoltori custodi di quei valori possano tornare agli istituti dell’heredium e della centuriatio, alle pratiche dell’àgere, del còlere e del pàngere, che diedero origine agli acti, alla coltura, alla cultura, al Paese, ai pacti e alla pax.

Magari rileggendo le tradizioni rurali immortalate tra gli altri da Catone il Censore, da Orazio e da Virgilio, i nuovi agricoltori custodi potranno far loro quei valori, e trasmetterli a tutti gli altri, la grande maggioranza, che pare invece averli persi.

L’importante, per il momento, sarà correggere paralogismi del tipo: <<siccome “c” appartiene ad “A” e “a” appartiene a “A”, allora “a” appartiene a “C”>>, e diffidare pertanto di chiunque si dirà custode del territorio solo per il fatto di essere semplicemente agricoltore.

Purtroppo temiamo infatti che, in realtà, si voglia far passare ogni agricoltore, anche quello “malo”, per custode del territorio, per far finta di fare un favore alla collettività, mentre la inquina e la avvelena.

Nel timore di ciò, possiamo auspicare almeno che tanti terreni siano sottratti ai “malagricoltori” e destinati al naturale rimboschimento, e che ogni buon agricoltore custode del territorio possa dedicare una parte del suo fondo alla naturale evoluzione forestale, magari affiliando il bosco al Fondo Forestale Italiano.

A quel punto potrà avere almeno un “custode del bosco”, come previsto dallo statuto della Fondazione.

Cristiano Manni- Dottore Forestale

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