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Durante la pandemia si torna a tagliare nei boschi

Nonostante le nostre speranze, la difesa dei boschi dai tagli non ha tratto vantaggi dalle  disposizioni governative per la lotta alla pandemia di coronavirus. Infatti, anche se per un mesetto le attività forestali sono state formalmente vietate, da Martedì 14 Aprile esse potranno riprendere e torneremo alla situazione precedente.

Come tutte le associazioni ambientaliste, anche il Fondo Forestale Italiano è stato contento di vedere che il DPCM del 11 Marzo non indicava le attività forestali tra quelle ammesse durante la pandemia. E anche noi avevamo sperato che la “tregua” sarebbe durata per tutta la durata dell’emergenza sanitaria. Ora che, a pandemia tutt’ora in corso, il DPCM del 10 Aprile ammette di nuovo le attività forestali, siamo ovviamente dispiaciuti.

Dal punto di vista di noi ambientalisti il Governo ha sbagliato, ma in realtà siamo stati noi  a illuderci che la salvezza dei boschi potesse dipendere da azioni emergenziali in risposta alla pandemia di coronavirus. Anche se è ormai senso comune che il coronavirus si sia sviluppato grazie ad un ambiente degradato e ad un errato rapporto uomo/natura, le lobby economiche hanno curato i propri interessi economici e convinto la classe politica che tutto potesse tornare come prima. Anzi che prima ci si torna e meglio è.

Il problema è evidentemente culturale e consiste nel fatto che la nostra società considera alberi e boschi in un ottica produttivistica nella quale, però, il mercato assegna loro un  valore economico che non prende in considerazione i servizi ecosistemici resi da ciascun albero vivo e da ciascun bosco integro.  Se tali servizi fossero correttamente quantificati in euro e caricati sui prezzi ci sarebbe molta meno richiesta di legna e legname.

La lotta per la difesa dei boschi deve pertanto riprendere come prima e più di prima del coronavirus, portando fino alle massime cariche istituzionali italiane ed europee la richiesta che il legno dei boschi non sia più considerato fonte di energia rinnovabile e che non sia più ammesso tagliare alberi per produrre energia elettrica o, almeno, che tale pratica non sia più sovvenzionata con aiuti economici pubblici.

Affinché questa lotta sia proficua è necessario che le mille sfaccettature del mondo ambientalista si coordinino per lavorare in modo coerente, senza disperdersi in mille rivoli autoreferenziali e inconcludenti.  

Il Fondo Forestale Italiano continuerà nella propria azione di acquisizione di boschi per sottrarli al taglio ed è a disposizione di tutte le altre associazioni che vogliano usare la proprietà privata per lo stesso scopo. Il Fondo Forestale Italiano è anche a disposizione dei privati che nei propri boschi non eseguono tagli a scopo economico e desiderano formare una rete nazionale per condividere competenze ed esperienze per meglio affrontare i comuni problemi.

2 risposte

  1. Sono d’accordo con voi, c’è bisogno di un coordinamento nazionale, per cominciare. Vicino alla mia area ci sono due zone protette, ma a circa 1 km di distanza stanno tagliando il bosco (siamo nel Chianti) in modo dissennato, abbattendo querce secolari e lasciando soltanto pini e cipressi…e un albero ceduo ogni 10…non ci sarà humus neppure per i poveri cipressi, che nel giro di qualche decennio moriranno. E la Forestale, pur chiamata in causa da persone di Castellina in Chianti, non ha assolutamente dato seguito alla denuncia, anzi, la famiglia di boscaioli locali ha minacciato chi ha sporto denuncia…

  2. Possibile che nn esiste un modo x fermare questo scempio? Sapere di foreste bruciate, alberi tagliati, animali che muoiono o vengono uccisi e indigeni ammazzati, mi provoca un dolore infinito.

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